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Covid, il Tar corregge l’Aifa: medici non obbligati a prescrivere paracetamolo e vigile attesa

Un’ordinanza del TAR del Lazio del 4 marzo 2021 ha bocciato le linee guida fornite dall’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, in merito ai trattamenti medici da utilizzare durante la prima fase della malattia da Covid-19. La nota dell’AIFA, pubblicata il 9 dicembre 2020, indicava la “vigile attesa” nonché l’utilizzo di fans e paracetamolo come cure da somministrare durante il trattamento domiciliare della malattia e raccomandava di non adoperare i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid-19. Il ricorso, effettuato nei confronti dell’AIFA e del Ministero della Salute, ha ad oggetto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della nota AIFA in questione ed è stato presentato al TAR dal “Comitato Cura Domiciliare Covid”, un gruppo di medici il cui obiettivo è di “ottenere una cura domiciliare anti covid-19 tempestiva per tutti i cittadini”. Dunque, all’interno dell’ordinanza il Tar afferma che il ricorso dei medici “appare fondato” in relazione al diritto/dovere al quale fanno appello, ossia quello di “prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza”, che “non può essere compresso nell’ottica di una attesa potenzialmente pregiudizievole”.

Ma tali medici non sono gli unici a non condividere queste linee guida. Basta ricordare il Movimento Ippocrate, che raggruppa medici, ricercatori, operatori della sanità e nel sociale che offrono un servizio gratuito di consulenza/assistenza medica Covid-19 basata su un trattamento diverso da quello indicato dall’AIFA.

RETTIFICA DEL 10/03: A seguito di ulteriori approfondimenti abbiamo modificato il titolo dell’articolo che erroneamente attribuiva all’ordinanza del Tar una bocciatura del trattamento a base di paracetamolo e “vigile attesa”, il Tar non è entrato nel merito scientifico delle cure e non ne ha sconfessata alcuna. Semplicemente l’ordinanza ribadisce, come correttamente abbiamo riportato nell’articolo, che i medici possono “in scienza e coscienza” seguire anche altri protocolli.

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